Rock e dintorni

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  1. .
    Album veramente complesso.
    Complici gli ultimi giorni di ferie sono riuscito a gustarmelo pian piano a più riprese e ad ogni giro emergono dettagli e passaggi che erano sfuggiti a quelli precedenti.
    Leggevo qualche giorno fa un'intervista a Brann Dailor che sottolineava la capacità dei Tool di far fiorire canzoni estremamente complesse da un piccolo seme, ecco in questo nuovo disco mi sembra che si divertano piuttosto a spezzettare, annodarle e ripiegarle su loro stesse. Di tanto in tanto, da qualche angolo sbuca Mayanard ad arricchire e dare respiro alla trama, giocando il ruolo del leone dalla criniera ingrigita che che dosa ruggiti e assalti.
    Tutte scelte che mi sembrano sagge e non troppo distanti da ciò che mi aspettavo in linea generale. A sorprendermi semmai è stata l'interpretazione quasi """hardrock""" (in versione Tool ovviamente) di diversi passaggi strumentali. Più qualche chicca qua e là che non spoilero per chi deve ancora ascoltare l'album.😁
    Sono curioso di vedere come andrà sul lungo periodo: l'assenza di canzoni relativamente brevi peserà? Inizierà a palesarsi qualche passaggio strumentale di troppo?
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    Tutto condivisibile...
    MA
    a risentire quei suoni e quei ritmi mi è venuta un'acquolina in bocca che mi verrebbe da rapire MJK e rinchiuderlo a forza in studio di registrazione.
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    CITAZIONE (StevenAdler @ 24/4/2018, 21:09) 
    questo in generale lo valuterei come una sufficienza risicata, per loro proprio da minimo sindacale

    Quoto.

    CITAZIONE
    Oltretutto temo che non lo ascolterò tanto spesso perché ci sento dei suoni proprio pessimi (parlo a livello di impressione, per analisi più documentate riguardo la produzione aspetto l'intervento di qualcuno più esperto del campo) e questa cosa inevitabilmente fa peggiorare il mio giudizio.

    Notato pure io. Non sono un esperto, ma il suono mi risulta parecchio "compresso", come se fosse stato pensato per essere ascoltato dalle casse del portatile o poco meglio. Con una voce come quella di Maynard a disposizione e la cura che Howerdel metteva nella cura dei suoi è delittuoso.
  4. .
    Dopo i primi ascolti per me invece sto disco è un grosso MAH.

    Posso capire il desiderio di ricalibrare la proposta su coordinate semplificate e i primi estratti pur andando in questa direzione mi parevano tutto sommato gradevoli e con una discreta vena melodica da parte di MJK, ma purtroppo il resto dell'album mi pare decisamente involuto in diversi passaggi.
    Non sono esperto delle dinamiche compositive di gruppo degli APC, ma il cambio di alcuni membri (soprattutto Freese) si avverte pesantemente in diversi momenti. Le composizioni hanno perso tutta quella gamma di sfumature, fatte emergere con opera di cesello di ambito di arrangiamento. Spesso la miriade di dettagli che inondavano le orecchie dell'ascoltatore negli album precedenti è stata sostituita da orchestrazioni o sintetizzatori banalotti, cercando di salvarsi aggrappandosi alla vena altalenante di Maynard.

    Sto cercando anche di addentrarmi nei testi e nelle loro interpretazioni per cogliere eventualmente la possibile ironia di alcuni passaggi (So Long....Fish è tagliata DAVVERO TROPPO spessa per i loro standard, sembra quasi una parodia).

    In generale mi sembra sia andata persa quella maestosa eleganza che caratterizzava i due dischi di inediti e in parte pure Emotive, anche a causa di un suono troppo compresso che influisce ulteriormente sulla dispersione di sfumature.

    Boh...dopo tanti anni mi chiedo se davvero ci fosse la necessità di tirare fuori ADESSO questo prodotto considerando che il fronte Tool sembra essersi finalmente sbloccato.
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    Anche io nell'ultimo anno sono rimasto sotto col jazz e mi son fatto/sto facendo una mega scorpacciata di classiconi. Tra l'altro, proprio come Joe, all'inizio ero stato fulminato da Head Hunters e da quell'attitudine funky caciarona irresistibile.

    Provo a consigliarti tre dei dischi che più mi hanno colpito in questo percorso, chissà che non troviamo altre affinità:

    - John Coltrane Quartet - Africa/Brass: per quello che ho ascoltato finora è uno degli apici di 'Trane. Jazz contaminato da forti influenze afro con percussioni in bella vista (la suite percussiva in Africa è da :sbav: ) e inserti tribali che fan girare la testa. Carne e sudore allo stato puro.

    - Miles Davis - Bitches Brew: questo è ostico eh. Pieno periodo fusion, l'album dello scandalo, odiato dai puristi e osannato da chi arriva dal rock (paragonato per questo alla svolta elettrica di Bob Dylan). Anche qui, se apprezzi il versante percussivo del genere troverai pane per i tuoi, conscio del fatto che sia un album più ""astratto"" (non mi sovviene termine migliore) rispetto ad Africa/Brass.

    - Miles Davis - Live/Evil: il dark side, se possibile ancora più intricato, di Bitches Brew. Un po' live e un po' studio, se hai apprezzato il primo è da provare.
  6. .
    Dato che non vorrei fare la fine dello scarso anno, quando ho aspettato e aspettato l'ispirazione per descrivere ogni disco e poi non se ne è più fatto nulla, a sto giro la faccio breve.

    10) Brockhampton - Saturation (I;II;III)
    9) The War On Drugs - A Deeper Understanding

    8) The National - Sleep Well Beast
    7) Kamasi Washington - Harmony Of Difference
    6) Kendrick Lamar - Damn.

    5) Wear Your Wunds - WYW
    4) Arca - Arca
    3) Thundercat - Drunk
    2) Converge - The Dusk In Us
    1) Tyler, The Creator - Flower Boy


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    Per quanto mi riguarda è stata un'annata strana. Gli ascolti più attuali sono stati inferiori rispetto alla roba retro: ho fatto lunghissime full immersion negli anni '50, '60, '70, divorato quintali di black music, scoperto una forte passione per il jazz e focalizzato definitivamente il mio amore per tutto ciò che è contaminato in ogni ambito musicale e artistico in genere.
    Ho comunque cercato di tenermi aggiornato, dedicandomi sia alle sicurezze ma provando anche a dare una possibilità a qualche nuova leva di cui si sentiva parlar bene.
    Nella mi classifica ritengo le prime cinque posizioni sostanzialmente intercambiabili, sia per la qualità elevata dei progetti sia per l'eterogeneità delle proposte che rende difficile un confronto.
    Alla fine ho premiato Tyler perché è l'artista che attualmente meglio rappresenta ciò che cerco nella musica e il suo Flower Boy è un album veramente maturo, che contiene moltissimo materiale che abbraccia differenti ambiti della black music attuale: un bello sfondo vecchia scuola con sfumature jazzate; aperture r'n'b; coretti stemperati da un paio di cafonate decisamente più moderne. Insomma un bel minestrone che merita per lo meno di essere assaggiato.
    Grandissimo anche Thundercat, all'inizio mi pareva una sbrodolata ma col passare degli ascolti mi ha appassionato confermando la mia predilezione per tutto quel filone black attuale che tiene assieme una marea di roba che va dagli anni '70 alle contaminazioni odierne, condito che esplosioni di tecnica bassistica da leccarsi i baffi.
    Doppia posizione di onore per Bannon. Con i Converge, non so come non so perché, riesce ancora oggi a portare avanti un discorso di musica heavy senza risultare troglodita, plasticoso o fuori tempo massimo e anzi, ogni volta riescono ad aggiungere nuovi dettagli succulenti. Col monicker Wear Your Wunds riesce invece a fondere postcazziemazzi e Pink Floyd senza nemmeno la necessità di abbaiare al microfono, roba che se non la si ascolta non la si può immaginare.
    Arca boh, non lo so descrivere. Un viaggio attraverso dimensioni parellele, con l'approvazione di FKA Twigs e Bjork direi, materiale di classe veramente sopraffina.
    L'altra metà classifica mi ha preso ma non allo stesso modo.
    Kendrick ha fatto un gran bel disco ancora una volta, con alcuni pezzi DAVVERO mega (Fear mette i brividi ad ogni santo ascolto, ad esempio), però stavolta ho notato dei passaggi a vuoto non necessari (il pezzo con Rihanna non lo riesco proprio a reggere e capire al di fuori di una logica di sposalizio fra pesi massimi). Dopo Good Kid e soprattutto TPAB, per me sempre apice e cardine del decennio, ci sta un disco "solo" bello. Discorso simile per Kamasi Washington, che dopo quel mastodonte di The Epic se ne esce con un simil-Ep ben più digeribile, con alcuni momenti di furia caleidoscopica assurda e altri un po' meno memorabili.
    Bravi i National, che si confermano band dall'eleganza smisurata e stavolta aggiungono pure qualche virgola di novità al loro repertorio, e pure i The War On Drugs, che riescono a rendere apprezzabile e a tratti pure esaltante un polpettone di influenze che Boss a parte mi mette i brividi.
    Decimo posto d'onore per quei folli dei Brockhampton. Ci metterò due anni a sviscerare bene tutto quel materiale ma non potevo non premiare la follia di pubblicare tre dischi in un anno, intasando il web con pezzi fighissimi e molto vari (dal HH più incazzoso a ballatozze stile boyband elettrificata) e creando un immaginario così cangiante e attuale. Son curioso di vedere come evolveranno, potrebbero diventare la nuova Odd Future o implodere domani, chissà.

    Pace e bene a tutti ragazzi.
  7. .
    Sto completando ora il primo ascolto e, per quel che può valere, sono abbastanza sconvolto. Ci son dei pezzi che sembrano arrivare da Giove che mi han lasciato a bocca aperta (DNA, Lust, XXX, la stessa Humble) e altre cose nella parte centrale dell'album che invece mi han fatto storcere il naso.
    Poi butto l'occhio alle reazioni che sta provocando in giro e salta fuori che potrebbe essere la prima parte di un doppio disco che nel caso si completerebbe il giorno di Pasqua:
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    Se mai fosse così....aiuto!
  8. .
    Commento banale mode on: dopo un paio di ascolti mi sembra il disco della maturità, sia per la varietà delle soluzioni sperimentate (e concordo con Seba, ci sento diverse cosette nuove qua e là) sia per l'efficacia degli arrangiamenti.
    Per pareri più approfonditi ci vorrà tempo dato che c'è parecchia carne al fuoco, resta il fatto che passano i dischi ma ascoltare questo signorino al buio dopo una giornata stancante continua ad essere una goduria poderosa.
  9. .
    CITAZIONE (Alphadj @ 13/2/2016, 14:16) 
    Io ho deciso di non farmi più trollare da sto coglione ;)

    Quando uscirà il disco lo ascolterò, fine :D

    Idem, m'ha ammosciato le aspettative ormai (in più la canzone rilasciata ieri mi è proprio scivolata addosso). Kanye = Tool 2.0
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    Ordine pre compleanno, grazie Amazon.

    D'Angelo - Brown Sugar
    Jimi Hendrix - Electric Ladyland
    NWA - Straight Outta Compton
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    Io giusto ieri mi sono ripreso Pre Millennium Tension. Mamma mia che album schizzato, davvero un bel calderone meticcio che va da basi noiseggianti usate come sfondi di voci angeliche disturbanti nell'opener Vent, fino alla delicatezza di una Makes Me Wanna Die con una Mattina Topley in grande spolvero. In mezzo i deliri coca-dub di Tricky Kid, Ghetto Youth, echi di ciò che saranno i Death Grips sparsi qua e là, i ritmi incalzanti di Lyrics Of Fury e l'eleganza estraniante, ripetitiva di Piano.
    Proprio un bel dischetto denso di idee.
  12. .
    Io invece vi segnalo l'uscita del nuovo album di questo genietto
    Anderson-Park-Malibu-Cover-Billboard-650x650
    Anderson .Paak - Malibu
    Come al solito Dr.Dre ci aveva visto lungo concedendogli ampio spazio e cassa di risonanza sul suo ultimo disco.
    La copertina illustra bene la varierà di questa proposta in bilico fra r'n'b, funk e incursioni rap contemporanee, con diverse influenze di artisti che vanno da Stevie Wonder all'ultimo Kendrick Lamar passando per D'Angelo e accenni più "fresh" alla Schoolboy Q (difatti presente in un feat.). Messa così sembra musica molto dispersiva che rincorre le tendenze, ma nonostante sia vero che di tanto in tanto si avverta un po' troppa reverenza nei confronti delle fonte di ispirazione, bisogna anche dire che tutto è tenuto insieme egregiamente e in modo personale dalla splendida voce di Anderson, davvero calda e espressiva. Senza contare che chi ci ha messo le mani -da Dj Khalil a Madlib, passando Hi-Tek- si è comunque preoccupato di mettere da una parte in risalto le poliedricità di .Paak ma dall'altra di donare anche la giusta omogeneità al progetto.
    Vista la ricchezza di spunti sono anche in difficoltà riguardo a qualche stuzzichino da lasciare per dare un'idea, vi lascio questa Room In Here perché secondo me mostra bene come su questo Malibu riescano a convivere in maniera armonica stili e sensibilità diverse:
    (e un grazie va a The Game per essere tornato ultimamente a fare musica con serietà)

    Non mi stupirei se ne sentissimo parlare parecchio quest'anno.
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    Stavo per scrivere un altro commento, poi ho letto quello di Ema e mi son fermato perchè vorrei precisare una cosa su cui diverse volte mi sono trovato a discutere con chi non era avvezzo alle dinamiche del genere, e in cui in parte rivedo il me di 6-7 anni fa, pur avendo sempre avuto un orecchio attratto da queste sonorità fin dall'adolescenza.

    CITAZIONE
    Detto questo rimango però convinto di una cosa: il rap, per quanto si muova comunque all'interno degli ampi confini della musica leggera occidentale, ha un linguaggio con una struttura molto diversa da quella degli altri generi e ha comunque le sue radici più forti e profonde nella cultura americana e nelle sue contraddizioni.
    Sono questi due elementi insieme che mi fanno stupire di un successo così ampio di un disco hip-hop americano in Europa.
    Ripeto, è il successo così ampio che mi stupisce, non in sé il fatto che a molti possa piacere

    Ricordo che anche io avevo questa tendenza a vedere rap = America, come sonorità e retroterra culturale e sociale.
    Possiamo dire che ha li le sue radici primordiali, ma parliamo di musica fra le più popolari (nel senso di "per il popolo") e che per questo si può declinare tranquillamente in ogni contesto. Basta vedere il rap francese, secondo di poco come vastità di mercato al rap americano e con una sua precisa fisionomia, vedasi gente come NTM o IAM che ha a sua volta influenzato il genere d'oltreoceano. Per l'infarinatura che ho di rap tedesco si può dire una cosa simile. E qui arrivo al discorso Italia: non so quante volte ho sentito come premessa ai discorsi "siamo nel paese di Fedez". Per me questo è un errore di prospettiva dettato più che altro dalla superficialità nella conoscenza della proposta, in quanto Fedez è la spia nazionalpopolare di come il rap abbia attecchito pure nella musica da supermercato, l'ultimo passo (quello più fastidioso per chi ascolta musica in un certo modo) di un processo che ha portato a far sì che anche l'Italia abbia costruito nell'ultimi anni una propria interpretazione peculiare e di qualità del genere. Il rap italiano non è Fedez, Fedez è la febbre, l'infezione del rap nel nostro paese l'hanno portata "3MC's al Cubo", "MI Fist", "Penna Capitale", "Non Dormire", "Verano Zombie", "Chi More Pe Mme", "The Island Chainsaw Massacre", compilation come "Roccia Music Vol. 1" o "Il Ministero dell'Inferno". Siamo il paese in cui i Public Enemy incensavano i Co'Sang, in cui Kool G Rap rimaneva affascinato dal mix di orecchiabilità pop e allure underground dei Dogo di qualche anno fa, in cui Necro trovava affinità di immaginari e estetica con Noyz Narcos. E in un contesto di questo tipo, in cui il genere è ormai radicato in una fetta abbastanza ampia di ascoltatori che ne hanno introitato e rielaborato in modo proprio canoni espressivi, mentalità e approccio, non c'è da sorprendersi che un album come TPAB abbia riscosso successo. Sarebbe semmai stato deludente il contrario.

    CITAZIONE (Ispettore Zenigata @ 13/1/2016, 10:50) 
    Comunque mi sembra sempre più evidente che molti problemi vengano fuori solo quando si ha a che fare con artisti di etnia diversa da quella caucasica: se i Motley Crue avevano le groupie e un certo immaginario allora è il vero spirito rock and roll, un rapper con un pò di tipe in costume è un bifolco sessista. Se Zappa fa un pezzo in cui dice che tiene una minchia tanta è un simpatico mattacchione, Kendrick è un teppista quando fa "this dick ain't free", oppure Ice-T si merita automaticamente violenza fisica. Se i Daft Punk o i Radiohead usano effettistica sulla voce è perchè hanno delle brillanti visioni artistiche, se lo fann T-Pain o West è automaticamente per farti credere che sanno cantare e non per una scelta estetica precisa...e sono i primi che mi vengono in mente :D

    Alla fine spero che tutta questa storia abbia come risultato anche quello di far considerare il genere come qualcosa di uguale dignità artistica ad altre forme di musica, cosa che in molti ambienti non è affatto scontata [sempre a prescindere di quanto possa piacere a livello personale].

    Guarda, onestamente non credo sia un discorso di etnia (sicuramente non qui dentro), ma quello che dici è sacrosanto e la tendenza, fortunatamente sempre meno accentuata, a considerare il rap e il mondo hip-hop come culturalmente di serie B purtroppo è (stata?) vera e molto fastidiosa.
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    Anche io assolutamente nulla contro Ema anzi, a differenza di quei signori mi pare che il suo sia l'atteggiamento di chi vuole capire un disco magari al di fuori dei propri ascolti abituali.
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    Ho letto con molto interesse tutti gli interventi, sia qua nel topic che quelli scaturiti dal post di Ema su facebook, e apprezzato tanto quanto esposto soprattutto da Alex e Seba.
    Avendo già detto loro tutto quello che penso, molto meglio di come avrei fatto io, mi limito solo ad aggiungere qualche appunto.
    Letti i posti di Teardo e Delone mi chiedo sempre perchè uno debba utilizzare a questa maniera il diritto di espressione e di critica. Il succo di quei discorsi è "non sono molto ferrato in materia, ci ho comunque provato perchè cazzo lo fan tutti, non mi ha fatto l'effetto che ha fatto ad altri -e ci credo nd.KG-, che palle che siete voi che vi esaltate mi sento escluso, devo per forza difendere il fatto che a me non piaccia". Io boh, mi chiedo perchè uno debba sprecare il tempo scrivendo quelle cose quando potrebbe invece ascoltare e scrivere di cose che apprezza e ha capito.
    Questione "io sono della Milano futurista del 2016, come faccio a capire e apprezzare roba che è uscita e che fa riferimento al ghetto povero di Compton con radici nei '90?". Immagino che quindi questi signori snobbino Fitzgerald, perchè come fanno a relazionarsi all'età del jazz degli anni '20 americani, o De Sica perchè come faccio io ad entrare in sintonia col secondo dopo guerra. E si potrebbe andare avanti ad oltranza.
    Questione Ice T. Lì per lì fa ridere, di fatto dimostra solo quanto questo paese sappia ancora essere culturalmente ottuso. Negli Stati Uniti da decenni si è metabolizzata la differenza fra persona e personaggio, estetica/immaginario e realtà. Qua siamo (eravamo?) ancora a livelli "ah eccolo qua il rapper tutto bitches e narcos che in realtà è un coniglio". Mi aspetto che prima o poi qualcuno critichi Al Pacino perchè non va in giro a fare il gangsta, Stallone perchè perche non boxa per il titolo mondiale o Tarantino perchè non scatena una carneficina ogni volta che esce di casa.

    Riguardo al disco invece aggiungo un mio pensiero circa il peso storico. Per me è già ora un classico oltre che per la qualità della musica proposta anche per come sa essere collante fra la generazione d'oro del rap e del funk anni '80 e '90 (Dre, Snoop Dogg, George Clinton) e le tendenze più interessanti della musica black attuale (vedi i contributi di Flying Flotus, Thundercat, Kamasi Washington). Una specie di monumentale ponte fra passato e presente.
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